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MEDICI, INFERMIERI E SOCCORRITORI

In ambito di trasporto sanitario su gomma, cioè in ambulanza, l’Italia presenta una situazione davvero eterogenea per ciò che riguarda la qualifica e la specializzazione degli equipaggi.
Dal punto di vista numerico, la componente più rappresentata è quella dei soccorritori; si tratta di operatori formati per gestire in autonomia pazienti non critici, che non presentano traumi o patologie importanti e le cui funzioni vitali non sono in nessun modo compromesse. Questa figura è spesso utilizzata anche nel campo dell’emergenza-urgenza, in quanto addestrata a mettere in atto tutte le manovre basiche salvavita quali il massaggio cardiaco, la disostruzione delle vie aeree, e in generale capaci di valutare il paziente e riconoscerne eventuali criticità minacciose per la vita. Ovviamente in caso di bisogno vengono supportati dai cosiddetti ALS (Advansed Life Support), mezzi di soccorso con a bordo medici e infermieri specializzati nell’emergenza.
I soccorritori, spesso detti autisti-soccorritori, siano essi volontari o professionisti, sono sempre presenti a bordo di un ambulanza che effettua un trasferimento a lunga percorrenza.
Se richiesto dall’utente, o perchè necessario sulla base delle condizioni del paziente, è possibile completare l’equipaggio dell’ambulanza con dei professionisti sanitari; questi possono essere infermieri, medici di base o perfino medici specialisti come cardiologi, pediatri, anestesisti, ecc..
La formazione a cui gli equipaggi si sottopongono è costituita da un percorso base di approcio al paziente internistico e traumatologico; a questo si aggiungono successivamente certificazioni internazionali quali il BLSD (Basic Life Support), PTC (Prehospital Trauma Care), ACLS (Advanced Cardiac Life Support), PBLSD (Pediatric) solo per citarne alcune.
E’ bene comunque considerare che il trasferimento a lunga percorrenza dei pazienti avviene sempre dopo una stabilizzazione delle funzioni vitali, che altrimenti potrebbero precludere il trasporto stesso. Questi tipi di viaggi prendono quindi il nome di “trasporti secondari”, proprio per distinguerli da quelli detti “primari” e che spesso coinvolgono malati gravi e in pericolo di vita.

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